Il Sardinia Radio Telescope
A dire il vero “astrofilia” non è che suoni molto bene, ma in fondo è anch’essa una “malattia” che, sebbene del tutto innocua, porta il “malato” a fare cose che il comune mortale proprio non capisce, come spendere soldi in “inutile” strumentazione e con questa passare notti e notti all’addiaccio a osservare pianeti e altri oggetti celesti…
Visitare il Sardinia Radio Telescope o SRT (gli acronimi all’inglese sono da tempo dappertutto) non è facile. In pratica, «a meno che lei non sia un ambasciatore», come mi è stato detto per telefono, l’unica possibilità è quella di aggregarsi a un’associazione o a una scolaresca e partecipare a uno dei rari open-day. Se sei in Sardegna fino al 22 agosto e l’apertura al pubblico è il 28, buon appetito perché non puoi far altro che mangiartela, a meno che non si conosca qualcuno. Peccato, fatto sta che ho potuto solo guardarlo e fotografarlo da fuori. Ma anche solo così, val sempre la pena di passarci se si ha l’occasione. L’SRT si trova in località Pranu ‘e sànguni, nel territorio del comune di San Basilio, nella provincia del Sud Sardegna (quando ero piccolo la Sardegna aveva solo Cagliari, Nuoro e Sassari, ma negli ultimi decenni le province sarde sono proliferate).
Un radiotelescopio può essere costruito in due modi: o come un’antenna che ricorda molto vagamente quelle della TV (come la “Croce del Nord” dell’osservatorio di Medicina, vicino Bologna, composta da antenne a schiera), oppure, dato che sia la luce visibile che le onde radio sono onde elettromagnetiche, cambia solamente la loro lunghezza d’onda, sfruttando sostanzialmente lo stesso principio di un telescopio riflettore Cassegrain, solo che al posto degli specchi ci sono delle antenne paraboliche. Il principio è lo stesso delle antenne paraboliche della TV satellitare. La parabola principale (l’antenna grande) raccoglie le onde radio e le invia a una parabola secondaria, posta al di sopra del centro della prima, che le fa convergere verso il sistema di ricezione che si trova in basso, sempre al centro della parabola principale. La montatura dell’SRT è altazimutale, cioè per inseguire l’oggetto osservato sulla volta celeste non utilizza il sistema equatoriale, che muove il telescopio con un unico movimento lungo la traiettoria dell’oggetto, ma compone in continuazione i due movimenti alto-basso e destra-sinistra.
Il planetario della “Sardegna in Miniatura”
Una piacevolissima sorpresa è stato invece il nuovo planetario che costituisce l’ultima novità del complesso della “Sardegna in Miniatura“, che negli anni si è ampliata aggiungendo alla Sardegna in miniatura vera e propria un piccolo acquario, un Jurassic Park (con riproduzioni dei principali dinosauri), un villaggio nuragico e per ultimo il planetario appunto. Il Parco della Sardegna in Miniatura si trova a Tuili, a un chilometro dal villaggio nuragico di Barumini.
Prima del planetario vero e proprio c’è una piccola mostra che dà il benvenuto al visitatore con una riproduzione in grandezza naturale dello Sputnik. A vederlo me ne sono sono uscito con un «Lo Sputnik!», al che la ragazza che faceva da guida ha chiesto alla mia signora se me ne intendevo e lei deve averle risposto «Sì, è invasato di questa roba» o qualcosa di simile.
I cartelloni sono fatti benissimo, tanto che alla fine ho chiesto alla guida da chi erano stati redatti i testi e lei mi ha risposto «dall’INAF», al che io ho pensato grazie tante che sono fatti bene… Oltre allo Sputnik una bellissima sorpresa sono stati i modelli di tre razzi vettori utilizzati dagli americani per le loro missioni orbitali umane durante la “space race”: l’Atlas del progetto Mercury, il Titan II delle Gemini e il Saturn V delle navicelle Apollo lunari.
Il progetto Mercury è stato il primo programma americano a portare un astronauta statunitense nello spazio. Dopo le missioni suborbitali di Alan Shepard e Virgil Grissom nel 1961 con un vettore Redstone potenziato, nel 1962-63 vi furono poi quattro voli orbitali, il primo dei quali con a bordo John Glenn. La capsula Mercury era talmente minima, per ovvie ragioni di carico utile, che i primi astronauti americani, i “Mercury Seven”, ci scherzavano sopra dicendo che nella Mercury non ci entravano, piuttosto la indossavano.
Tra il 1965 e il 1966, in previsione dello sbarco sulla Luna annunciato dal presidente Kennedy nel 1961 per riparare al danno di immagine che gli USA avevano subito prima con lo Sputnik e poi con la Vostok 1 di Yuri Gagarin, la NASA mise in orbita dieci capsule Gemini abitate, missioni numerate da 3 a 12 (le prime due furono lanci di prova senza equipaggio). La capsula Gemini era costruita, come la Mercury, dalla McDonnell (la stessa ditta che aveva progettato l’F-4 Phantom), ed era in pratica una Mercury ingrandita in modo da ospitare due astronauti (i “gemelli” citati dal nome del programma). Con le Gemini furono provate diverse manovre orbitali indispensabili per il programma Apollo: rendez-vous, docking, EVA (“Extra-Vehicular Activity” o “attività extra-veicolare”, in Italia note col nome più romantico di “passeggiate spaziali”), ecc.
Per finire il progetto Apollo, il quale, finché non sarà completata la missione Artemis III – sempreché i cinesi non facciano qualche sorpresa – rimane la maggiore impresa astronautica della storia. PS: se volete far imbufalire di brutto un astrofilo, chiedetegli se avere Urano nel Leone vi porterà sfiga, oppure ditegli che non siamo mai stati sulla Luna. Detto questo, per riuscire ad atterrare sulla Luna «before this decade is out», come disse Kennedy, gli USA fecero uno sforzo che ha un corrispettivo solo nel progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica. Sforzo che comunque portò a un indotto e a ricadute tecnologiche impressionanti; oltretutto si trattava di un programma civile e non militare. Mentre infatti l’Atlas e il Titan II erano missili balistici intercontinentali militari, il Saturn V era un vettore esclusivamente civile.
A parte chi scrive, che se ne andava estatico per conto suo, gli adulti presenti sono entrati quasi subito in modalità “che barba che noia” e la guida ha dovuto ripiegare sui bambini che notoriamente sono più ricettivi di fronte alle novità. Unica cosa che ha destato un po’ di interesse le bilance con il peso corporeo sulla Terra, su Marte e sulla Luna, con una signora che è saltata fuori dicendo che voleva una bilancia marziana in bagno. Ma per un appassionato le tante cose che gli organizzatori sono riusciti a mostrare in uno spazio non larghissimo erano veramente irresistibili. Oltre ai tre razzi vettori di cui si è detto, la mostra aveva molti altri modelli, tra cui il complesso CM-SM-LM dell’Apollo e lo Space Shuttle in configurazione di lancio. C’era poi anche il modello della ISS.
Il momento più importante della visita era il planetario vero e proprio, molto ampio e comodo, con poltroncine hi-tech dotate di poggiatesta. Contrariamente a quello che accade nella maggior parte dei planetari, non è stata proiettata la volta celeste nel suo moto diurno apparente, ma un documentario, certamente più spettacolare per un pubblico generalista, che faceva vedere lo spazio e gli oggetti celesti a scala sempre più elevata, un po’ come il documentario “potenze di dieci”. I bambini piccoli si sono spaventati mentre gli adulti avranno approfittato delle poltrone e del buio per farsi un pisolino.
Ci sarebbero molte altre foto da mostrare, ma l’articolo sarebbe diventato inutilmente lungo. Citiamo comunque che all’uscita il pubblico passa sotto una specie di simulacro – troppo schematico per essere un modello – della Space Ship di Elon Musk, che con le sue visioni pindariche ha un po’ rinverdito i vecchi fasti dell’Apollo. Per quanto riguarda Artemis speriamo in bene, poiché è sempre lì lì sull’orlo della cancellazione nonostante il suo essere diventato un programma internazionale. Tutto dipenderà dalla situazione politica. Comunque una giornata che mi ha lasciato soddisfatto, con il planetario a compensare almeno in parte la mancata visita all’SRT.
Sitografia
Su SRT:
https://en.wikipedia.org/wiki/Radio_telescope
https://en.wikipedia.org/wiki/Antenna_array
http://www.srt.inaf.it/outreach/srt-breve/
https://galbiati.it/news/radiotelescopio-srt/
https://web.archive.org/web/20161027190550/http://www.panoramio.com/photo/98334641
https://en.wikipedia.org/wiki/Altazimuth_mount
https://online.scuola.zanichelli.it/lupiaglobo6ed-files/Itinerari/Zanichelli_Lupia_Radiotelescopio.pdf
http://www.fmboschetto.it/didattica/90Radio/radiotelescopi/Come%20funziona.html
Sul planetario:
https://en.wikipedia.org/wiki/Planetarium
https://www.sardegnainminiatura.it/