Spesso penso, quando scrivo su questo blog, che qualifica ho di parlare di argomenti tecnologico-scientifici senza avere una preparazione professionale. Ho sempre risolto questo dubbio mettendo le mani sempre avanti dicendo che i miei erano gli articoli di un dilettante: “il termine dilettante indica, in senso lato, chi svolge un’attività per diletto e senza scopo di lucro oppure senza una specifica competenza (con quest’ultimo significato è a volte usato in senso dispregiativo).” In fondo, poi, non chiedo soldi a nessuno per quello che faccio. Comunque, c’è di peggio, perfino in siti molto più blasonati di questo piccolo blog.
In questi ultimi giorni è apparsa un’intervista al premio Nobel italiano Giorgio Parisi. L’intervistatore era una delle “grandi firme” di uno dei grandi quotidiani nazionali. Beh, mi sono detto, se sui grandi giornali appaiono di queste robe, posso benissimo continuare a scrivere le mie cosette sul mio bloghino senza farmi troppi problemi. Per carità di patria, e per evitare polemiche teoricamente sempre possibili (non si sa mai che qualcuno mi legga…), tacerò nomi, cognomi e titoli “clickbait”.
L’intervista era un minestrone di tutte le possibili e immaginabili banalità legate alla figura dello “scienziato” nell’immaginario popolare, soprattutto riguardo a quel tormentone che sono “i rapporti tra scienza e fede”. Viene da pensare perché un giornalone a tiratura nazionale abbia mandato, a intervistare un premio Nobel per la fisica, un tizio dalla notoria cultura storica, ma sulla cui cultura scientifica è meglio stendere un velo pietoso. Scrivere “Feinman” al posto di Feynman e “Plank” al posto di Planck sono segno tangibile di nessuna visitazione di certi argomenti.
Il povero Parisi si è trovato a dover dire la sua praticamente su tutto lo scibile umano legato alla “scienza”, dall’immancabile “cambio (sic) climatico” alla proliferazione nucleare, all’estinzione dell’umanità, all’origine della vita con accenno alle “aragoste” (sic) del Cambriano, e qui ovviamente prima stoccata per far fare professione di ateismo al fisico in questione, oltretutto con la domanda epistemologicamente più insulsa che gli si potesse fare (“Lei esclude un intervento divino?”). Al che Parisi risponde con l’unica cosa intelligente che si può dire a proposito (“Come scienziato, devo spiegare il mondo in maniera, giustappunto, mondana. L’intervento divino non è una spiegazione scientifica. La scienza non potrà mai dimostrare l’esistenza di Dio, né escluderla.”). Avanti ancora, Asimov e la fantascienza, l’esistenza di vita sugli altri pianeti, Elon Musk su Marte. A questo punto la “grande firma” si ricorda della prima domanda che anche un liceale avrebbe fatto a Parisi, ovvero per quali ricerche ha vinto il Nobel. Ma è cosa troppo seria e perciò si vira subito a parlare del gioco delle parti della politica nostrana, spettacolo teatrale che piace così tanto alla gente.
Ma l’intervistatore torna all’attacco: la risposta epistemologica non lo ha soddisfatto. “Bisogna” far parlare a Parisi di Dio. Il papa può anche non parlare di Dio, un fisico no. La domanda è diretta: “Professore, lei crede in Dio?”. E alla fine il buon Parisi sbotta, con tutta la nostra comprensione: “Perché questa domanda si fa sempre ai fisici e mai ai calciatori o ai ballerini?”. Rispondo io: perché il fisico nella cultura popolare è il massimo esponente del cliché dello “scienziato ateo”. L’intervistatore dice che la domanda la fa anche a calciatori e ballerini. Parisi allora incalza la “grande firma”: “Ma io in quanto fisico non ho una competenza o un’esperienza particolare di cosa sia la divinità, rispetto a un calciatore o a un ballerino. La fede, o la mancanza di fede, sono fatti personali, che vanno sempre rispettati”. Si parla di ballerini, e l’intervista finisce in gloria parlando del sirtaki.
Che dire? Prima di tutto, che il grande giornale a tiratura nazionale avrebbe fatto meglio a scegliere come intervistatore una “penna” meno prestigiosa ma magari un po’ più qualificata, visto che collaboratori validi in ambito scientifico e tecnologico non gli mancano. Ma d’altra parte è chiaro che l’intervista risponde a logiche giornalistiche altre rispetto a quella di un’informazione rigorosa e puntuale. A questo punto immagino che il caporedattore stizzito mi risponderebbe subito che un’intervista rigorosa e puntuale fatta da un signor nessuno competente in materia non gliel’avrebbe letta nessuno (lascio il calembour) e di farmi gli affari miei.
Comunque, due cose sono certe: la prima, non farò mai un abbonamento a detto grande giornale a tiratura nazionale; la seconda, che non mi farò mai più, come detto all’inizio, scrupoli nello scrivere nel mio blog, fermo restando il disclaimer chiaro e tondo sul fatto che il blog è scritto da un dilettante, il disclaimer altrettanto chiaro e tondo che io non ci guadagno un centesimo da quanto scrivo, e il “fermo proposito” di attuare sempre una scelta rigorosa delle fonti, nel limite del possibile. Andiamo in pace.
Come detto, voglio tacere ogni riferimento diretto all’intervista in questione.
https://it.wikipedia.org/wiki/Dilettante