Nonostante la sua eleganza, l’XF-90 rimane uno dei pochi, inequivocabili insuccessi nella storia della Lockheed. Le sue linee molto avanzate e “fotogeniche”, soprattutto per la fine degli anni Quaranta, nascondevano il fatto che la sua mole era impossibile da smuovere con i due asfittici turboreattori che erano stati scelti per l’aereo.

Il “penetration fighter”

L’esperienza fatta sui cieli tedeschi spinse l’USAAF a concettualizzare l’idea di un “penetration fighter”. In teoria il penetration fighter si distingueva dall’escort fighter perché, pur destinati entrambi ad attaccare gli intercettori avversari, il penetration fighter non operava a stretta difesa dei bombardieri, anzi aveva molti punti in comune con l’intruder, caccia notturni o bombardieri leggeri (il Mosquito sopra tutti) che avevano lo scopo di contrastare le difese aeree avversarie. La teoria era che il penetration fighter avrebbe dovuto combattere davanti all’ondata dei bombardieri per creare delle lacune nella difesa aerea avversaria. Il penetration fighter si ispirava quindi, più che alle missioni di scorta diretta, alle varie missioni “Circus” e “Rhubarb” organizzate dalla RAF per passare all’offensiva dopo la Battaglia d’Inghilterra.

XF-90 (1)
L’XF-90 in volo sopra Muroc, dopo poco tempo ribattezzata Edwards AFB.

Il 23 novembre 1945 l’US Army specificò che era richiesto un caccia a reazione con una velocità massima di 600 miglia orarie a livello del mare, una salita a 35.000 piedi in meno di 10 minuti e un raggio d’azione di almeno 900 miglia. L’armamento sarebbe stato di 6 mitragliatrici da 0,60 pollici o meglio ancora 6 cannoni da 20 mm. Avrrebbe dovuto inoltre avere due motori, dei tipi già disponibili. Furono ordinati prototipi di tre dei progetti presentati: il McDonnell P-88, da cui derivò direttamente l’F-101, il North American P-86C (poi F-93), una riprogettazione del Sabre, e il Lockheed P-90 (nel 1948 la neonata USAF sostituì poi la “P” di Pursuit con la “F” di Fighter). Il 20 giugno 1946 la Lockheed ottenne così un contratto per due prototipi del suo aereo, i s/n 46-687 e s/n 46-688.

Descrizione tecnica

Sempre il primo prototipo a Muroc.

L’XF-90 si presentava come un aereo molto più grande del predecessore P-80, ma soprattutto di concezione più avanzata. La forma aerodinamica più curata gli dava anche una maggiore eleganza. Le ali avevano una freccia di 35°, con ipersostentatori (slat) sul bordo d’attacco più ipersostentatori (flap) Fowler ed alettoni sul bordo d’uscita. Lo stabilizzatore verticale aveva la peculiarità di poter essere spostato avanti e indietro allo scopo di facilitare la regolazione degli stabilizzatori orizzontali.

L’uso di pezzi forgiati in lega di alluminio 75ST anziché 24ST, al tempo standard, portò sì ad una cellula molto robusta, quattro volte lo standard normale, ma anche ad un peso a vuoto superiore del 50% rispetto a quello dei due concorrenti e dell’80% rispetto ad un F-86.

L’XF-90 a terra. Questa foto permette di apprezzare il design dell’ala e degli impennaggi.

I motori (XF-90A) erano due assiali Westinghouse J34-WE-15 da 13,8 kN ciascuno (18,2 kN con a/b), montati affiancati nella fusoliera posteriore e alimentati da prese d’aria laterali. Con l’uso del postbruciatore il solo carburante interno era insufficiente per un caccia a lungo raggio, e furono perciò adottati due grandi serbatoi ausiliari alle estremità alari. Questi raddoppiavano sì il raggio d’azione dell’XF-90A, ma comportavano un ulteriore aumento di peso che aggravava ancor di più le prestazioni dell’aereo che nonostante i postbruciatori rimanevano anemiche.

I test

Il primo prototipo volò il 3 giugno 1949 con il collaudatore della Lockheed Tony LeVier ai comandi. Senza postbruciatori, i due Westinghouse XJ34-WE-11 non riuscivano nemmeno a fornire la velocità di decollo (il rapporto peso/potenza era di appena 0,22), e non solo si dovette rifornire l’aereo di una quantità minima di carburante, ma si dovette anche ricorrere a canisters di razzi RATO. Questo per tutti i primi 17 voli dell’aereo, che come si può immaginare non era di pilotaggio facile.

Kelly Johnson aveva già previsto che l’XF-90 avrebbe avuto bisogno di un postbruciatore, e perciò aveva iniziato a far progettare ai suoi sottoposti una versione con a/b dell’aereo, ancora prima che questo volasse. Finalmente a settembre 1949 la Westinghouse fornì il J34 munito di postbruciatore, che venne installato sul secondo prototipo dell’F-90. Il secondo prototipo prese così la sigla XF-90A. L’XF-90A compì il suo primo volo il 12 aprile 1950. Gli a/b portavano la spinta complessiva da 27,6 a 36,4 kN. L’XF-90A diventò così il primo caccia dell’USAF dotato di postbruciatori, ed anche il primo caccia Lockheed a superare la barriera del suono, seppure in picchiata: il 17 maggio 1950 raggiunse mach 1,12. Ma anche così le prestazioni generali rimanevano insufficienti.

Il Penetration Fighter Evaluation Program si svolse nell’estate del 1950. L’XF-90A era un aereo chiaramente sottopotenziato, e così si trovò classificato al secondo posto dopo il vincitore della specifica, il McDonnell XF-88 Voodoo, ma comunque davanti al North American YF-93. Nel settembre 1950 l’XF-88 vinse il contratto di produzione, ma poco dopo la specifica per il penetration fighter fu cancellata. Lo scoppio della Guerra di Corea infatti costrinse l’USAF a privilegiare la produzione dei tipi di aerei già in inventario. Il rifornimento in volo farà poi tramontare il caccia di scorta dedicato, costretto a prestazioni al più accettabili dalla necessità di imbarcare una grande quantità di carburante.

La fine dei due prototipi

L’XF-90A abbandonato nel deserto del Nevada.

Dopo aver perduto il contratto di produzione, i due prototipi del caccia Lockheed furono utilizzati dapprima come “chase planes” alla Edwards AFB, e poi come cavie: nel 1953 il 46-687 fu portato al laboratorio del NACA di Cleveland per test distruttivi di robustezza strutturale, mentre il 46-688 fu portato nel Nevada Test Site per essere usato come cavia nei test nucleari “Tumbler-Snapper” dell’aprile 1952. Sopravvisse a tre esplosioni prima di essere abbandonato nel deserto.

Nel 2003 fu recuperato, decontaminato dalla polvere radioattiva e portato al National Museum dell’USAF di Dayton. Si è ipotizzato di esporlo in pratica così come si trova, per mostrare gli effetti delle armi nucleari.

 

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Il “penetration fighter” Lockheed XF-90

 

Tutte le foto sono public domain USAF via WikiCommons.