DISCLAIMER. Questo articolo è uno “stub” ancora incompleto di un lavoro più voluminoso che richiederà molto più tempo e che apparirà in futuro come PDF. Si tratta delle ricerche e delle riflessioni di un profano dilettante, per cui se chi legge è un profano anche lui, prenda quello che c’è scritto con beneficio d’inventario, se è un fisico di professione non si scandalizzi e magari scriva all’autore quali sono gli errori da correggere.
Che cos’è un “corpo nero”
Il c.d. “corpo nero” non è una cosa facile da capire per un profano, ma non del tutto per colpa sua, perché in genere gli viene introdotto con metafore come il famoso “forno per la pizza” oppure la “cattedrale con il portone socchiuso” che sono fuorvianti, soprattutto perché confondono il concetto di “corpo nero”, che è un’astrazione parzialmente applicabile a enti di diversa natura, con il dispositivo utilizzato in laboratorio per simularlo. Cioè le dette metafore non descrivono un “corpo nero” ma una “cavità isoterma”, che è un particolare tipo di “corpo nero”. Oltretutto, le stesse descrizioni di questo dispositivo in genere sono lacunose, anche per la fretta di passare il prima possibile a considerare le leggi dello spettro di corpo nero, e portano confusione.
Per un profano, il modo migliore per capire cosa sia un “corpo nero” sta tutto nel suo nome, cioè nel motivo per cui viene chiamato “nero”. Rispetto alla luce incidente, cioè alla luce che “sbatte” sulla superficie di un corpo, questo presenta tre comportamenti: riflettente, trasparente e assorbente. Tutti noi ci abbiamo a che fare in continuazione, quando ci guardiamo allo specchio, guardiamo fuori della finestra oppure d’estate ci scottiamo col volante scuro della nostra macchina.
Un “corpo nero” è un corpo perfettamente assorbente, cioè che non è per nulla trasparente o riflettente: assorbe tutta la radiazione che gli cade addosso, di qualsiasi lunghezza d’onda essa sia. Poiché non riflette né trasmette alcuna radiazione, appare nero (a temperatura ambiente!), qualunque sia il colore della radiazione incidente. È noto infatti che il colore di un corpo dipende dal colore della luce che lo illumina, ma se è illuminato da luce bianca, il colore dipende dalla lunghezza d’onda nel visibile che questo corpo riflette meglio.
Quindi diversi enti presentano caratteristiche avvicinabili a quelle di un corpo nero, e una cavità isoterma è solo uno di questi: il sole può essere considerato simile a un corpo nero, eppure non è cavo e men che meno ha un buco!
Si tratta di un’astrazione perché tutti i corpi reali sono contemporaneamente riflettenti, trasparenti e assorbenti, ma presentano questi comportamenti in percentuali molto diverse tra loro: un oggetto di colore nero opaco avrà trasparenza e riflettenza praticamente nulle e un’assorbenza praticamente perfetta. Il nero platino assorbe il 98% e il nerofumo (“lampblack”) il 96% della radiazione incidente.
Dalla spettroscopia al problema del corpo nero
Com’è noto, il primo a studiare scientificamente lo spettro della luce visibile fu Isaac Newton (1642-1727), che fu anche il primo a parlare di “spettro” per descrivere la scomposizione della luce solare bianca nei colori dell’arcobaleno utilizzando prismi di vetro.
Joseph von Fraunhofer (1787-1826) scoprì, anche se non per primo, e studiò le linee di assorbimento nello spettro solare che oggi portano il suo nome. Gustav Robert Kirchhoff (1824-1887) invece è conosciuto ai più soprattutto per le sue leggi sui circuiti elettrici, ma questo non fu il suo unico contributo alla fisica; l’apporto che diede allo studio degli spettri elettromagnetici è stato forse altrettanto importante.
Nel 1859 Kirchhoff, assieme a Robert Wilhelm Bunsen (1811-1899, quello del “becco di Bunsen”) riuscì a mettere in relazione le righe dello spettro del sodio con le corrispondenti righe dello spettro solare. Kirchhoff, ragionando sul perché delle linee di Fraunhofer, ipotizzò che un corpo è in grado di assorbire la radiazione che emette. Un corpo infatti emette radiazioni quando viene riscaldato, e la radiazione emessa dal corpo caldo è chiamata radiazione termica. Quando un corpo nero viene riscaldato, emette più radiazioni per unità di superficie di qualsiasi altro corpo a una particolare temperatura.
Kirchhoff definì allora il “potere assorbente” di un corpo, a una data frequenza ν ed una data temperatura T, come il rapporto tra la potenza elettromagnetica assorbita dal corpo e quella incidente su di esso: questo rapporto non può essere mai superiore a uno, rappresentante il caso in cui tutta la radiazione venga assorbita. Il “potere emissivo” rappresentava invece la potenza emessa per unità di superficie. Studiando l’equilibrio termodinamico tra energia raggiante assorbita ed emessa in un corpo in equilibrio termico con l’ambiente circostante (in parole povere: mantenuto a una temperatura costante), Kirchhoff concluse che il rapporto tra il potere emissivo e il potere assorbente è funzione soltanto della lunghezza d’onda e della temperatura, ed è quindi indipendente dalla natura del corpo.
Nel 1859 Kirchhoff si rese conto subito che il caso del corpo in cui il potere assorbente fosse uguale a uno, per qualsiasi frequenza ν e temperatura T, cioè il caso di un corpo che assorba tutta la radiazione incidente, era particolarmente interessante. Siccome il fatto che un oggetto presenti un colore più scuro dipende dalla sua minore capacità di riflettere la luce, era naturale chiamarlo “corpo nero”. Va notato che un corpo perfettamente nero è un concetto ideale, come quello di gas perfetto: cioè non esiste, o meglio nella pratica reale può essere solo approssimato.
Un corpo con assorbenza pari a uno ha anche emissività pari a uno: essendo un perfetto assorbitore, il corpo nero è anche un perfetto radiatore. Ciò significa: un corpo che con potere assorbente (assorbenza) uguale a uno assorbe tutte le lunghezze d’onda, è in grado anche di emettere in tutte le lunghezze d’onda. Non riflette: assorbe la radiazione e, a causa del principio di conservazione dell’energia, deve riemetterla, altrimenti la sua temperatura diventerebbe infinita. Ecco quindi risolta una delle incomprensioni che confondono il profano, che si chiede: ma se un corpo assorbe la luce, come fa anche a emetterla?
Però attenzione, perché l’affermazione «è in grado anche di emettere in tutte le lunghezze d’onda» è equivocabile: il corpo nero è teoricamente in grado di emettere su tutte le lunghezze d’onda, ma non emette effettivamente su tutte le lunghezze d’onda; o meglio, la sua emissione è raffigurabile con una curva dove l’emissione si concentra attorno a una particolare lunghezza d’onda (che dipende dalla temperatura) e man mano che ci si allontana da questa l’emissione è praticamente pari a zero. Spesso le fonti sintetizzano troppo dicendo che il corpo nero «emette su tutte le possibili lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico». Un profano capisce che l’emissione è uguale per tutte le lunghezze d’onda: ma se fosse così, un corpo nero sarebbe un mostro a energia infinita.
Tornando all’esempio del volante scuro della macchina in estate, esso ha assorbito attraverso il vetro del parabrezza l’energia delle onde elettromagnetiche solari, queste hanno eccitato le molecole del volante che hanno riemesso l’energia ricevuta come energia termica, e noi ci siamo scottati.
Il dispositivo teorico
Il concetto ideale di “corpo nero” si trovò al centro delle riflessioni sulla radiazione termica, ma si trattava adesso di trovare il modo di simulare in laboratorio un “corpo nero”.
Kirchoff già nel suo famoso articolo del 1860 nel quale formulava la sua celebre legge relativa allo scambio di calore per irraggiamento ipotizzò una specie di forno cavo (ma senza pizze). Questo sarebbe stato realizzato utilizzando una sfera cava di rame, a doppia parete, con la parete interna opaca grazie a un rivestimento di nerofumo, mantenuta a temperatura costante (cioè in condizioni di equilibrio termico, da cui anche il nome di “cavità isoterma”), con un unico minuscolo foro, di dimensione trascurabile rispetto all’intero sistema, per far passare un minimo di luce. Questa rimaneva intrappolata nelle pareti interne, che assorbivano ed emettevano continuamente radiazioni. Anche Ludwig Boltzmann (1844–1906) lavorò a un’idea simile. Scriveva Kirchhoff:
“Se un volume è racchiuso da corpi della stessa temperatura e i raggi non possono penetrare in quei corpi, allora ogni fascio di raggi all’interno di questo volume ha la stessa qualità e intensità che avrebbe avuto se provenisse da un corpo completamente nero della stessa temperatura ed è quindi indipendente dalla costituzione e dalla forma di questi corpi ed è determinato dalla sola temperatura” (Dieter Hoffmann).
Si è già capito che la riflessione nella cavità viene volutamente ridotta al minimo possibile: le pareti vengono rivestite in modo da renderle opache alla radiazione, con nerofumo o polvere di nero platino, o materiali simili.
A questo punto alla gente rimane un ulteriore dubbio: se tutta la radiazione rimane intrappolata dentro, da dove esce la radiazione di corpo nero di cui si misura poi lo spettro? Dallo stesso foro da cui è entrata, che costituisce un po’ la “porta” con cui il dispositivo comunica con l’esterno (come nella “cattedrale con la porta socchiusa”). Il foro è troppo piccolo per alterare sensibilmente l’equilibrio termico interno, per cui la radiazione in uscita dal foro è un campione di quella che viene continuamente emessa e assorbita dalle pareti interne. La cosa per un profano non è banale da capire.
Bisogna infatti distinguere tra il corpo nero come “assorbitore” e il corpo nero come “emettitore” (o meglio, radiatore).
Il dispositivo da laboratorio
A dire il vero non servirebbe nemmeno la radiazione incidente: per il semplice fatto di trovarsi a una temperatura superiore allo zero assoluto, qualunque corpo è sorgente di radiazione elettromagnetica dovuta al moto di agitazione termica degli atomi che lo compongono. Il buco allora non è più “il” corpo nero, ma solo il mezzo con cui la radiazione interna alla cavità può essere esaminata dall’esterno. Questo però conduce a un altro modello di dispositivo per il corpo nero. Quello che abbiamo descritto, con la luce che entra ed esce, è il più utilizzato dal punto di vista teorico e divulgativo, ma non è come vedremo quello di solito concretamente utilizzato in laboratorio.
Per la fisica classica, gli atomi si comportano come degli oscillatori armonici, cioè seguono in prima approssimazione (ai tempi di Kirchhoff la fisica quantistica era ancora ben al di là da venire) la legge matematica di una comune molla. Dunque all’interno della cavità sarà sempre presente una radiazione termica, dovuta al moto di agitazione termica degli atomi delle pareti, e nel caso in cui la temperatura rimanga costante (equilibrio termodinamico) la distribuzione di radiazione è uno spettro di corpo nero. L’emissione di energia elettromagnetica avviene a spese dell’energia termica: quindi riscaldando il dispositivo mantenendolo poi a una stessa temperatura T, si può studiare la radiazione di corpo nero emessa a quella temperatura.
Nonostante la proposta di Kirchhoff e Boltzmann, la maggior parte dei fisici sperimentali successivi tentarono altre strade per arrivare a una buona approssimazione di un corpo nero, lavorando con lamine di metallo la cui superficie era appositamente preparata attraverso processi di ossidazione o irruvidimento, strati di nerofumo, o altre tecniche.
Il fisico danese Christian Christiansen (1843-1917) si dedicò molto alla sperimentazione sul corpo nero. Intorno al 1880 testò il comportamento di varie polveri nere, come la fuliggine. Osservò anche che i tubi conici irradiavano con un’emissività di circa 1, agendo quindi come “piccoli punti neri”. Nel 1884 Christiansen confermò che le cavità isoterme potevano essere utilizzate per lo studio sperimentale della radiazione di corpo nero (il c.d. “hohlraum”).
Wilhelm Wien (1864-1928) legò il suo nome al corpo nero non solo formulando la “legge dello spostamento” che porta il suo nome, ma anche inventando un dispositivo per simulare il corpo nero diverso da quello immaginato da Kirchhoff. L’architettura del corpo nero di Wien è usata comunemente ai nostri giorni, perché è più semplice da utilizzare.
Consiste in una camera cilindrica cava C di ottone o platino su cui è avvolta una bobina di riscaldamento di sottile filo di platino (H nel disegno). Il cilindro è protetto da tubi coassiali in porcellana (P). Quando una corrente adeguata viene fatta passare attraverso la bobina, il cilindro viene riscaldato alla temperatura desiderata. La superficie interna della camera C è verniciata di nero, in modo da raggiungere la posizione di equilibrio in poco tempo. La radiazione proveniente dal cilindro è limitata dai diaframmi concavi anneriti D ed emerge dal foro O. La temperatura della camera è misurata dalla termocoppia T. Il foro O fungerà da radiatore del corpo nero.
Il punto di svolta per la progettazione di un corpo “veramente nero” fu raggiunto nel 1895 quando Wilhelm Wien (1864-1928) e Otto Lummer (1860-1925) – a quel tempo entrambi al Physikalisch-Technische Reichsanstalt di Berlino (Imperial Istituto di Fisica Tecnica) – riconobbero che «si dovevano lasciar perdere i fogli di metallo annerito artificialmente»; invece «si doveva considerare l’irraggiamento di un corpo nero come uno stato di equilibrio termodinamico… Per utilizzare questa concezione come base per un pratico metodo per produrre radiazioni arbitrariamente vicine a quelle di un corpo nero, si deve riscaldare una cavità a una temperatura uniforme e consentire alla radiazione di fuoriuscire attraverso l’apertura».
Nel 1896 Lummer, stavolta assieme a Ernst Pringsheim Sr. (1859-1917), dopo essersi dedicato a misure sperimentali sul coefficiente K dei calori specifici di vari gas, iniziò a investigare sulla radiazione termica, basandosi sul lavoro da lui fatto l’anno precedente insieme a Wien. Nel 1897-98 Lummer e Pringsheim riuscirono a costruire un dispositivo funzionante, implementando il concetto di corpo nero così come proposto da Kirchhoff.
I due fisici prima sperimentarono piccole cavità di forma cilindrica o sferica in ferro o rame, successivamente passarono a progettare sfere cave di porcellana o metallo, le cui superfici interne erano ricoperte di fuliggine per le basse temperature e di ossido di uranio per temperature più alte. Per raggiungere una temperatura costante, cioè l’equilibrio termodinamico, le cavità venivano immerse in un bagno fluido, con fluidi di varia natura tra i quali aria liquida, acqua bollente, salnitro caldo e altri, dei quali fosse possibile ben controllare la temperatura. In questo modo Lummer e Pringsheim riuscirono a realizzare un corpo in pratica completamente nero per un intervallo di temperature compreso tra gli 85 e i 970 gradi Kelvin, riuscendo a ottenere spettri accurati anche per temperature fino a circa 1500 K, ponendo la cavità in un forno con pareti refrattarie di argilla chamotte.
Prima iniziarono a verificare la legge di Stefan-Boltzmann sull’emittanza di un corpo nero. Passarono poi a misurare la distribuzione spettrale dell’energia di radiazione emessa da un corpo nero cilindrico a differenti temperature.
Il dispositivo sperimentale di Lummer e Pringsheim era così costituito: la radiazione di corpo nero usciva dalla fenditura S1 e cadeva sul riflettore M1, che la passava attraverso il prisma (di salgemma o fluorite) tenuto sulla tavola rotante di uno spettrometro. La luce emergente veniva focalizzata dal riflettore concavo M2 su un bolometro lineare posto dietro la fenditura S2. Un bolometro è un dispositivo per misurare la radiazione termica per mezzo di un materiale avente una resistenza elettrica dipendente dalla temperatura. Il bolometro era collegato a un galvanometro molto sensibile. La tavola rotante veniva fatta ruotare lentamente in modo che le diverse bande dello spettro della radiazione cadessero in successione sul bolometro e la corrispondente deflessione nel galvanometro venisse registrata. L’intensità corrispondente a ciascuna lunghezza d’onda λ era proporzionale alla deflessione nel galvanometro. Si poteva così tracciare la curva della funzione che legava intensità e lunghezza d’onda.
Con questo apparato Lummer e Pringsheim effettuarono esperimenti che confermarono la legge di Stefan-Boltzmann e la “legge dello spostamento” di Wien. Ma per ulteriori verifiche delle leggi sulla radiazione di corpo nero era necessario progettare un dispositivo per temperature molto più alte. In più, la temperatura della cavità isoterma doveva essere più stabile e più facile da raggiungere. Un “corpo completamente nero elettricamente incandescente” fu alla fine progettato da Lummer e Ferdinand Kurlbaum (1857-1927) nel 1898, sempre al Physikalisch-Technische Reichsanstalt. Consisteva in un foglio di platino dello spessore di 0,01 mm e lungo circa 40 cm. Era arrotolato all’interno di un cilindro di 4 cm di diametro, con un lato schiacciato e chiuso. Entrambi i lati avevano anelli per fornire il calore generato da una resistenza elettrica con una corrente di circa 400 Ampère. Nel 1899 Otto Lummer ed Ernst Pringsheim pubblicarono i risultati delle loro misurazioni del corpo nero, che divennero cruciali per la ricerca di Max Planck nello sviluppo della sua teoria quantistica.
La sfera cava col buco è quindi un artefatto sperimentale per simulare un corpo nero, non è “il” corpo nero. Il “vero” corpo nero è un’astrazione, un oggetto ideale la cui superficie è in grado di assorbire qualsiasi radiazione elettromagnetica incidente su di esso, con o senza buchi. A temperatura costante (cioè in equilibrio termico) il corpo nero assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente senza rifletterla. Ma riscaldandosi a causa dell’energia assorbita, il corpo nero si eccita termicamente e per la legge di conservazione dell’energia deve riemettere la radiazione totalmente (attenzione: la riemette dopo averla assorbita, non la riflette, perché è “nero”), dando origine a una “radiazione di corpo nero”. La lunghezza d’onda emessa dipende esclusivamente dalla temperatura, per cui il corpo “nero” è nero solamente a temperatura ambiente (perché la radiazione infrarossa non è visibile a occhio nudo e si nota solo il colore nero tipico dei corpi altamente assorbenti), ma man mano che il corpo si scalda il suo colore cambia, da rosso molto scuro fino a bianco-azzurrino (il proverbiale “calor bianco”).
Ovviamente non bisogna confondere il “corpo nero” col “buco nero”, sono due cose completamente diverse. Anche se un buco nero è comunque un assorbitore perfetto, perché la radiazione che vi entra non ha alcuna speranza di uscirne, per lo stesso motivo non è affatto un emettitore perfetto. L’idea di considerare la famosa “radiazione di Hawking” come il modo con cui il buco nero emette da corpo nero, proposta da qualcuno, non mi sembra trovi molta considerazione.
BIBLIOGRAFIA
Per questo articolo l’autore si è basato soprattutto sulle varie dispense e slide messe in rete dai dipartimenti di fisica delle università italiane. Di seguito i testi più significativi consultati.
Carlo Cannarozzo, Emissione di Corpo Nero e applicazioni astrofisiche, tesi di laurea, Università di Bologna, Corso di Studio in Astronomia a.a. 2013-2014,< https://amslaurea.unibo.it/7391/1/Carlo_Cannarozzo_tesi.pdf ><http://amslaurea.unibo.it/view/cds/CDS8004/>
https://gloptic.com/services/calibration-and-research-laboratory-for-optical-radiation/
https://gloptic.com/gloptic-offers-instrument-calibration-uvlamps-testing/
“Black Body Radiator in Calibration and Research Laboratory of Optical Radiation (CARLO), GLOpticTV” -YouTube. Da en.Wikipedia: “Si tratta di un’approssimazione di un modello descritto dalla legge di Planck utilizzato come standard di irradianza spettrale. Questo modello fisico si basa su una camera rivestita di pirografite, che può essere riscaldata fino a 3000 K, mentre i sistemi periferici assicurano una stabilità della temperatura di +/- 0,02 K. Insieme a un comparatore ottico automatico e un doppio monocromatore costituisce uno standard di irradianza spettrale”.
Dieter Hoffmann, Black Body, in D. Greenberger, K. Hentschel, F. Weinert (ed), Compendium of Quantum Physics, Berlin-Heidelberg, Springer 2009, pp 36–39. È stato possibile consultare questo testo solamente nell’abstract e nelle prime due pagine fornite in chiaro sul web dall’editore a scopo promozionale. Purtroppo il prezzo anche solo dell’e-book è assolutamente improponibile. < https://doi.org/10.1007/978-3-540-70626-7_13 >< https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-540-70626-7_13 >
Quantum Mechanics #3- Classical Mechanics failed to explain Black Body Radiation, led Planck to the discovery, < https://knowfhysics.blogspot.com/2020/07/quantum-mechanics-3-classical-mechanics.html > nel blog < https://knowfhysics.blogspot.com >