Nel 2006 l’Unione Astronomica Internazionale, di fronte alla continua scoperta di oggetti transnettuniani della Fascia di Kuiper, declassò Plutone a “pianeta nano”. Negli Stati Uniti scoppiò una cagnara che non ti dico, in fondo per un unico semplice motivo: Plutone era una “gloria nazionale”, essendo stato scoperto nel 1930 da un americano, Clyde Tombaugh all’osservatorio di Flagstaff in Arizona. Insomma, l’UAI (acronimo da non confondere con l’Unione Astrofili Italiani) aveva declassato agli americani il “loro” pianeta. Potenza della “pop-culture” americana, chi sbagliava era ovviamente l’UAI e non il popolo a stelle e strisce.
Un altro affronto gli americani hanno dovuto subirlo con il loro dinosauro nazionale. Nel 1842 uno dei primi paleobiologi, Richard Owen (1804-1892), classificò un nuovo gruppo di rettili estinti, i “Dinosauria”, o “lucertole terribili”. Nell’Ottocento, l’idea che fossero esistite in passato specie animali diverse da quelle attuali e perciò estinte, era molto meno scontata di quello che potrebbe apparire al giorno d’oggi. D’altra parte, Owen è noto per la sua opposizione a Charles Darwin, ma questa storia pur interessante ci porterebbe troppo lontano, ed è anche di difficile ricostruzione perché mescola discutibili motivazioni personali a critiche più argomentate non tanto al concetto di evoluzione delle specie, quanto ai meccanismi della selezione naturale così come inizialmente postulati da Darwin.
La storia delle ricostruzioni artistiche degli animali preistorici è molto interessante ed è sicuramente una storia dell’evoluzione della paleobiologia. Come è noto degli animali preistorici in genere rimangono solo le ossa fossilizzate, e perciò cercare di ricostruire il loro aspetto esteriore è in genere un fatto soprattutto di speculazione. I dinosauri erano stati correttamente identificati come dei rettili (anche se come vedremo questo nome oggi è desueto), e perciò era logico pensare che il loro aspetto fosse sostanzialmente quello dei rettili odierni. Il rettile nell’immaginario popolare (basti pensare ai draghi) è un animale molto lontano dalle fattezze familiari e rassicuranti di un mammifero, e perciò i dinosauri ebbero subito grande appeal nel grande pubblico proprio come animali spaventosi.
A fine Ottocento negli Stati Uniti iniziarono ad essere troviati resti fossili di un dinosauro carnivoro che nel 1905 il paleontologo americano Henry Fairfield Osborn identificò come Tyrannosaurus Rex. Il tirannosauro diventò subito un mito, il dinosauro nazionale USA, anzi ancor di più il dinosauro per antonomasia, bello, rettiliano, cattivissimo e soprattutto “scary”. Il Tyrannosaurus Rex, per gli americani, è una vera istituzione. Al pari della “bald eagle” e del bisonte americano. E la principale caratteristica del loro dinosauro nazionale è, ovviamente, di essere “scary”, terrificante.
Già negli anni Settanta, in quella che fu chiamata la “dinosaur renaissance”, si era insinuata l’idea che gli uccelli fossero parenti dei dinosauri molto più stretti di quanto si fosse immaginato prima. Già nell’inaccuratissimo film Jurassic Park del 1993 c’è una scena dove un bambino risponde a Sam Neill: “birds aren’t scary!”.
Insomma, per la “cultura popolare” americana, l’attributo principale di un dinosauro è quello di essere “scary”. La scienza specialistica ha poco a che fare con la “pop-culture”, eppure è quest’ultima la cultura scientifica della gente comune: tanto che Hollywood sacrifica sempre la credibilità scientifica ai gusti del pubblico. Ma in Cina (quanti problemi per gli USA provengono dalla Cina…), a Jehol, fu scoperta a fine secolo XX una incredibile “Fossil-Lagerstätte”, cioè un corpo sedimentario ricco di fossili straordinariamente conservati, anche nelle parti non ossee. Ne venne fuori un quadro rivoluzionario: non solo i dinosauri erano strettissimamente apparentati con gli uccelli, ma penne e piume erano nate già con i dinosauri tanto che si iniziò a parlare di “dinosauri non aviani” e “dinosauri aviani”. Quando arrivò l’evidenza che i dinosauri, o almeno molti di essi, erano “feathered”, piumati, gli americani sono andati in crisi; “Feathered dinosaurs aren’t scary!”.
Non solo il “Velociraptor” di Jurassic Park, dinosauro fittizio ispirato al Deinonichus, si trovava a dover assomigliare a un uccello piuttosto che a una lucertola, ma la scoperta che uno stretto parente del dinosauro nazionale, lo Yutyrannus huali, presentava nei reperti fossili prove dirette della presenza di piume, e che perciò era probabile la presenza di piume anche nel Tyrannosaurus Rex, ha fatto gridare al delitto di lesa maestà. “Dinosaurs had feathers, deal with it”, ma l’eventualità che il dinosauro nazionale fosse assimilabile a un enorme tacchino, animale che nell’immaginario popolare americano è simbolo di stupidità e invece che mangiare viene mangiato, nel giorno del Ringraziamento, era troppo indigesto da buttar giù. Però stavolta gli americani non sono stati sconfitti del tutto: persa la battaglia per Plutone e per il Deinonichus, sono riusciti a salvare il loro Tyrannosaurus Rex.
Il 12 agosto 1990 nel South Dakota la paleontologa dilettante Sue Hendrickson scoprì quello che sarebbe diventato lo scheletro fossile di tirannosauro più completo finora ritrovato (all’85%). Battezzato “Sue” in onore della scopritrice, lo scheletro (che per la cronaca misura circa 12,3 metri di lunghezza e 4,5 metri di altezza, per un peso stimato in circa 6,8 tonnellate) è stato acquistato dopo un contenzioso legale nel 1997 dal Field Museum di Chicago.
Gli esperti del Field Museum non hanno avuto dubbi nella loro ricostruzione di “Sue”, che appare come un tradizionale dinosauro totalmente ricoperto di squame. Da Internet appare che c’è stato sul serio negli USA un accesissimo dibattito contro il “turkey-like T-Rex” (l’espressione, volutamente ironica, è mia). A salvare l’immagine collettiva a stelle e strisce del Tyrannosaurus Rex, dopo una serie di articoli scientifici che ventilavano l’ipotesi che, essendo sicuramente piumato un rappresentante ancestrale della superfamiglia dei Tyrannosauroidea, poteva benissimo esserlo anche il tirannosauro, è stato un articolo apparso nel 2017 sulla rivista “The Royal Society Biology Letters” britannica intitolato Tyrannosauroid integument reveals conflicting patterns of gigantism and feather evolution. Studiando impronte fossili della pelle chiaramente squamata del T-Rex trovate in Montana, gli autori puntualizzavano che non c’era alcuna evidenza di piume, di qualsiasi tipo. Inoltre gli autori facevano notare che per ragioni di termoregolazione, che siano elefanti, rinoceronti o tirannosauri, in climi non glaciali i grossi animali a sangue caldo devono spogliarsi di peli o piume. Questo articolo è stato recepito negli USA con grande sollievo, a leggere i commenti dei giornali: “Jurassic Park wasn’t wrong”, il dinosauro nazionale era salvo, non era “turkey-like” ma ancora sempre “scary”. I bambini americani potevano continuare a credere a Santa Claus.
Comunque sia rimane sempre il fatto, inimmaginabile solo una quarantina di anni fa, che il piumaggio non è nato con gli uccelli, ma è stato da questi ereditato dai loro diretti antenati dinosauri; anzi, gli uccelli sono a tutti gli effetti dinosauri, e si può dire così che questi non si sono quindi estinti. Il Velociraptor di Jurassic Park è comunque errato e tutti i dinosauri non aviani della famiglia dei Dromaeosauridae erano sicuramente piumati tanto che nelle ricostruzioni artistiche non ricordano in nulla qualcosa che popolarmente potremmo chiamare “rettile”.
Ma i dinosauri non sono l’unico ramo degli Arcosauri. Esiste una linea evolutiva di quelli che una volta erano definiti semplicemente “rettili” che possono con ogni diritto essere considerati “scary” (visto anche che i loro attuali discendenti lo sono, anzi sono proprio questi il prototipo delle “lucertole terribili”) e che nessuno si sognerebbe di coprire di piume come un tacchino. Sto parlando degli “arcosauri pseudosuchi”, ovvero dei lontani parenti dei “crocodilomorfi”, ossia tutte le specie di Arcosauri più strettamente imparentati con i coccodrilli che con gli uccelli.
Le logiche della tassonomia moderna hanno comportato un’esplosione di raggruppamenti dalle nomenclature latineggianti, e poiché oltretutto molte diramazioni (o meglio “taxa”) sono ancora oggetto di discussione, un profano non può che perdersi tra Tetrapodomorpha, Elpistostegalia, Stegocephalia, Tetrapoda, Reptiliomorpha, Amniota, Sauropsida, Eureptilia, Sauria, Archosauromorpha, Crocopoda, Archosauriformes, Crurotarsi, Archosauria, Pseudosuchia, Suchia, Paracrocodylomorpha, Loricata, Crocodylomorpha, Crocodyliformes, Metasuchia, Neosuchia, Eusuchia, Crocodylia, Longirostres, Crocodyloidea, Crocodylidae, Crocodylus, Crocodylus niloticus. Il fatto è che ogni “gruppo” non è composto solo dalle specie sopravvissute fino a noi, ma queste sono solo una piccola parte di un gruppo molto più vasto di specie irradiatesi, tra loro imparentate, la cui gran parte si è estinta. Così ad esempio i “crocodilomorfi” comprendono sia i coccodrilli attuali e i loro affini (alligatori, gaviali) che i loro parenti estinti, i quali sono molti ma molti di più. A ogni diramazione (più o meno) accertata deve corrispondere un nome latino.
Alcuni ritrovamenti fossili, tra i quali quelli del Razanandrongobe sakalavae in Madagascar, oltretutto ad opera del team italiano guidato da Simone Maganuco, e il fatto che nessuno si sognerebbe di coprire un coccodrillo preistorico di piume, hanno creato un po’ di moda attorno ai Pseudosuchia. E in effetti, essendo imparentati con il rettile moderno più “scary” che ci sia, che molto ha dato all’immagine esteriore tradizionale dei dinosauri, ossia il coccoccodrillo, i pseudosuchi hanno conquistato un po’ di posto al sole. Sono così diventati noti su Youtube “lucertole terribili” come l’Ornithosuchus, dall’andatura bipede come i dinosauri, il mostruoso Deinosuchus, il Postosuchus kirkpatricki, e diversi altri. Se dovessi occuparmi di qualcosa di “scary”, mi dedicherei ai “coccodrilli” del Mesozoico. Il fatto però che capire da dove siamo venuti fuori noi non può non coinvolgerci – e perciò non può non coinvolgerci la paleontologia dei vertebrati – non significa che gli altri argomenti della paleobiologia non siano altrettanto interessanti, anzi; per esempio un filone di ricerca interessantissimo è quello dell’evoluzione delle specie vegetali, che nella divulgazione è vista quasi solo in funzione dell’evoluzione dei vertebrati vegetariani.
A questo punto bisogna entrare un po’ sul “tecnico”, e chiedo subito perdono se dico qualcosa di scientificamente poco accurato. La classificazione tradizionale delle specie, risalente ancora a Linneo, è stata completamente stravolta negli ultimi decenni dalla c.d. “cladistica”. La cladistica si basa non tanto sul raggruppamento empirico delle specie a seconda dei caratteri fisici comuni, ma piuttosto sulla ricerca tra due specie diverse del più recente antenato comune. In questo modo le specie viventi vengono raggruppate in gruppi tassonomici “monofiletici” – ovverossia comprendenti un antenato comune e tutti i suoi discendenti – chiamati “cladi”. Questo comporta dei veri e propri paradossi per il senso comune. Uno dei più noti è quello che un celacanto è più strettamente imparentato con una mucca che con un salmone.
La cladistica ha completamente ribaltato il nostro modo di vedere l’evoluzione dei vertebrati. Fino a pochi decenni fa la storia evolutiva dei vertebrati vedeva un’evoluzione dai pesci agli anfibi, dagli anfibi ai rettili, e poi da questi le due grandi linee dei mammiferi e degli uccelli. Oggi la visione è molto più articolata: facendola molto semplice, dai pesci sarcopterigi si evolsero i tetrapodi primitivi, e da questi da una parte la linea che porterà agli anfibi attuali, e dall’altra la linea degli amnioti, che con lo sviluppo di un uovo in grado di essere deposto sul terreno asciutto riuscirono a spingersi ancor di più nella terraferma. La linea degli amnioti si distinse quasi subito in “sauropsidi” e “sinapsidi”. I sauropsidi sono tutte le specie che tradizionalmente chiamiamo “rettili” e gli uccelli. I sinapsidi, dopo aver dominato il Permiano, si estinsero nel corso del Triassico, ma da un loro ramo, i cinodonti, si evolsero i mammiferi, che sono perciò gli unici sinapsidi viventi, così come gli uccelli sono gli unici dinosauri sopravvissuti.
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Youtube
In inglese: PBS Eons, TREY the Explainer, Pim D, History of the Earth, Anthöny Pain, History Of Life, Thomas Evans, Dr. Polaris, e altri ancora.
In italiano: Universe Science Italy.