A Valeggio
A Valeggio, il 332nd fu impegnato in un nutrito programma di preparazione al combattimento, con un ampio anfiteatro destinato alle prove con munizioni vere e una serie di trincee, molto realistiche, per addestrare gli uomini alla guerra di trincea. Ogni battaglione viveva in queste trincee per tre giorni, mentre un altro battaglione le attaccava. Inoltre, il colonnello Wallace si fece procurare un battaglione di Arditi per migliorare l’istruzione dei suoi reparti. L’addestramento era talmente realistico che il 12 settembre vi fu un grave incidente: un mortaio Stokes esplose uccidendo sette uomini e ferendone più o meno gravemente un’altra quarantina. Questo incidente costò al Reggimento più perdite di quante ne ebbe poi in combattimento.
Al fronte
Alla fine di agosto il 332nd Regiment era ormai pronto per essere inviato al fronte. Dopo aver raggiunto Treviso il 4 dello stesso mese, gli americani furono dapprima impegnati in un modo alquanto strano. Essendo in buona parte la loro non solo una missione di “propaganda” a favore delle esauste truppe italiane, ma anche, se non soprattutto una missione di deception per far credere agli austriaci che gli americani stavano arrivando in forze anche sul fronte italiano, si fece di tutto per far apparire i soldati alla ricognizione e all’intelligence avversaria molti più di quanto non fossero in realtà. Li si fece marciare di giorno, in doppia fila, su strade ben visibili alle linee austriache, per poi farli tornare a Treviso di notte: “in double file, not in squad formation, so that when the march began, the interval lengthening between men, each company appeared larger than it really was». Qualsiasi espediente fu utilizzato per far credere alla ricognizione austriaca che non si trattasse sempre dello stesso reparto. Il diversivo funzionò benissimo, dato che, come si seppe subito dopo la fine delle ostilità, i generali austriaci erano convinti di trovarsi davanti almeno sei divisioni americane sul Piave.
Il primo reparto a raggiunggere la linea di combattimento fu il 2nd Battalion, al comando del Major William G. Everson, che fu aggregato alla 37a Divisione di Fanteria (III Armata) sul Piave, nel settore di Varago-Candelù. Il comando tattico era fornito dal 256° Rgt. della Brigata Veneto. Il 1st Battalion fu tenuto di riserva dietro le linee tra Varago e Maserada, mentre il 3rd Battalion stava ancora finendo l’addestramento. Il 7 ottobre, gli americani approfittarono del fiume Sile per addestrarsi al superamento dei fiumi, in vista dell’attraversamento del Piave durante la progettata offensiva d’autunno. A parte qualche raro scontro a fuoco e l’abbattimento di un paio di palloni da osservazione austriaci, il 2nd Battalion non ebbe alcun serio contatto con il nemico. Gli americani furono però bersaglio di un raid aereo austriaco la notte del 21 ottobre, che durò undici minuti. Furono comunque fortunati, perché tutto si risolse unicamente con un grande spavento.
La preparazione per la prossima offensiva continuava però senza posa. Il 332nd sarebbe stato assegnato alla 31ma divisione italiana della Decima Armata. Il 28 ottobre il colonnello Wallace ricevette l’ordine di far marciare il suo reggimento verso il fronte.
La battaglia di Vittorio Veneto
Il 24 ottobre scattò l’offensiva italiana lungo il Piave, con feroci combattimenti il 27 ottobre. La 31a divisione italiana, nella quale il 332nd era inquadrato, era stata inizialmente tenuta in riserva, ma il 29 ottobre fu impegnata nell’inseguimento delle unità austroungariche in rotta, al seguito del XIV Corps britannico, a sua volta inquadrato nella Decima Armata. Il 28 ottobre il reparto americano raggiunse il proprio settore del fronte, lungo un paio di chilometri, a fianco della Brigata Veneto, nei dintorni di Varago.
Il 332nd era ancora fermo a Varago in attesa che si rendessero disponibili i ponti per l’attraversamento del Piave. Fu il 31 ottobre, alle nove del mattino, che il Reggimento americano si portò al di là del fiume. Gli austriaci, che ci si aspettava opponessero forte resistenza con significativi scontri di retroguardia, stavano invece ritirandosi molto velocemente. Il 332nd si trovava all’avanguardia della 31ma divisione, occupando un fronte di circa 4 km.
Il 3 novembre, dopo una serie di marce forzate, il 332nd entrò in contatto con il nemico, nella fattispecie un battaglione di retroguardia che stava difendendo i passaggi sul Tagliamento vicino a Ponte della Delizia. Wallace collocò il 2nd Battalion sulla sinistra e il 3rd sulla destra, tenendo il 1st di riserva, al centro dello schieramento.
Alle 5:40 del 4 novembre, il 2nd Battalion attraversò il fiume strisciando lungo le rovine del Ponte della Delizia e dopo un breve combattimento conquistò le posizioni austriache sull’altra riva. I 400 austriaci che difendevano l’altra sponda furono colti completamente di sorpresa: pensando che gli americani si trovassero ancora sul lato opposto, il fuoco di copertura austriaco fu del tutto inutile. In meno di venti minuti, attaccando in una sola ondata su un fronte di circa 1.200 metri, i soldati dell’U.S. Army misero in rotta gli austriaci, al prezzo di un morto (il caporale Charles S. Kell) e sei feriti. Con questo riuscito assalto, il 2nd Battalion fu il primo reparto di fanteria alleato a superare il Tagliamento.
Proseguendo lungo la ferrovia Treviso-Udine, il 2nd incalzò gli austriaci ed arrivò a Codroipo, dove si impadronì di ingenti quantitativi di rifornimenti e munizioni. Allo scoccare dell’armistizio, alle 3 del pomeriggio del 4 novembre, le avanguardie americane avevano raggiunto Villorba. La notte fu passata a raccogliere i prigionieri, che ormai erano varie migliaia.
Dopo l’armistizio
Le clausole armistiziali davano agli Alleati il libero utilizzo delle strade austriache, e questo significava che essi avrebbero potuto raggiungere facilmente il confine austro-tedesco e aprire un fronte contro il Secondo Reich anche da sud. A questo scopo, il 332nd marciò verso nord raggiungendo Tolmino, ma a questo punto, l’11 novembre 1918, anche la Germania firmò l’armistizio. Il 332nd fu così utilizzato come truppa di occupazione (oggi si direbbe di “peacekeeping”) in Austria, Dalmazia e Montenegro, anticipando di ottant’anni i loro epigoni impegnati nell’operazione “Allied Force”.
La fine della guerra non significò però la fine delle sofferenze: furono quelli i mesi dell’epidemia influenzale detta della “spagnola”. Complici le scarse condizioni igieniche e di nutrizione causate dal conflitto appena concluso, l’epidemia fu ancora più letale della famosa “peste nera” del XIV secolo. Il colonnello Wallace ebbe a dire che la malattia uccideva la gente più velocemente di quanto si riuscisse a seppellirla. Queste vicissitudini non giovarono certo al morale dei soldati americani, convinti, dopo aver battuto l’esercito del Kaiser, di poter tornare a casa il prima possibile.
Invece, il 1st e 3rd Battalions furono inizialmente stanziati a Cormons; in seguito, a novembre, il 1st fu inviato a Treviso; il 2nd Battalion raggiunse il porto di Mestre, da dove fu imbarcato per essere stanziato a Cattaro, in Dalmazia, con un distaccamento a Cettigne, in Montenegro. In quanto al 3rd, il 15 novembre fu imbarcato a Venezia sul cacciatorpediniere “Audace” e con esso raggiunse la città di Fiume.
Il 3rd a Fiume
Il 17 novembre, quando l’“Audace” entrò nel porto di Fiume, la bandiera americana sventolava sul palazzo del governatore. Le preoccupazioni per un’ostile accoglienza si rivelarono infondate, e una folla di cittadini si radunò sulla banchina del porto per salutare gli americani. Era evidente che, al contrario delle forze italiane, le truppe americane non erano viste come un esercito di occupazione. Secondo le testimonianze americane, gli italiani ricevettero un’accoglienza ostile ed erano visti con grande risentimento: «In contrast to the Americans, the Italian occupiers received a hostile reception and were viewed with great resentment by the citizens of Fiume. To theAmericans, it appeared as though the citizens of Fiume were welcoming them home rather viewing them as an occupying force». Il 3rd Batallion non se la passò male a Fiume: a parte una ricerca di armi austriache nella vicina cittadina di Susek e qualche battibecco con gli italiani sul modo corretto di inastare la bandiera americana, i soldati statunitensi occuparono la maggior parte del tempo in ricevimenti e altri passatempi sociali. Il 2nd Batallion arrivò invece al porto di Cattaro il 28 novembre 1918, partendo da Venezia imbarcato sulla nave ospedale austriaca Argentine, di preda bellica. Anche qui, secondo le fonti americane, l’accoglienza sarebbe stata più che calorosa.
In Montenegro
Contrariamente al soggiorno del 3rd Batallion a Fiume, il 2nd Batallion, di stanza in Montenegro, ebbe una vita alquanto più difficile. A parte le peggiori condizioni di vita e il tempo inclemente, secondo le fonti americane i montenegrini erano apertamente ostili alle truppe italiane di occupazione. Inoltre, i montenegrini erano divisi in fazioni armate che si combattevano per il controllo del territorio. Nel gennaio 1919 scoppiò una guerra civile tra le forze governative del nuovo stato jugoslavo e i ribelli che volevano fare del Montenegro una repubblica indipendente. I soldati americani, che cercarono di interporsi tra le due fazioni, si trovarono impegnati – come i loro pronipoti – in un’operazione di peacekeeping che riuscì ad evitare uno spargimento di sangue senza oltretutto soffrire alcun “KIA”, come verranno chiamati in seguito da parte dell’U.S. Army i morti in battaglia. Un vero miracolo se si pensa che il battaglione USA si trovò spesso sotto il fuoco dei due schieramenti rivali. I soldati si impegnarono anche nella distribuzione di generi alimentari e di conforto alla popolazione montenegrina, che era di fatto alla fame.
Back Home
Finalmente, nel febbraio 1919, il 332nd iniziò a radunarsi per il tanto atteso ritorno a casa. Il 1st Batallion, che era rimasto in Italia, arrivò a Genova per l’imbarco il 13 febbraio, il 3rd pochi giorni dopo, mentre il 2nd arrivò per ultimo, il 9 marzo. Infine, il 29 marzo, il transatlantico Duca d’Aosta partì per gli Stati Uniti. Il Reggimento raggiunse Camp Merritt, vicino New York, il 14 aprile e la settimana dopo sfilò lungo la famosa Fifth Avenue, salutato soprattutto dalla nutrita comunità italo-americana della grande città. Il 26 aprile, replica a Cleveland, Ohio, da dove raggiunse finalmente Camp Sherman per iniziare la smobilitazione. Furono distribuiti i fogli di congedo e le paghe, e furono impartite anche lezioni sulla rafferma, la ricerca di lavoro nell’industria, e pure sulla c.d. “sex hygiene”.
Il 2 maggio 1919, il 1st Batallion fu ufficialmente smobilitato, seguito dal 2nd il 3 maggio e dal 3rd il 5 maggio: il 332nd Regiment non esisteva più.
Il 332nd e i Lagunari italiani
L’insegna del 332nd, dicono le fonti americane, «era forse il più invidiato di tutta la American Expeditionary Force». Esso era nientemeno che un il Leone alato di San Marco, con il numero 332 ricamato all’interno della Bibbia aperta. All’inizio non ufficiale, l’insegna fu poi riconosciuta dall’U.S. Army. Il “patch” non è scomparso con il 332nd: a partire dai primi anni Cinquanta è stato adottato dalla “Southern European Task Force” (SETAF), basata alla caserma Ederle di Vicenza, e da questa poi ereditato dalla “United States Army Africa” (USARAF).
Per quanto riguarda i Lagunari, il “gemellaggio” araldico era troppo evidente per non suscitare l’interesse degli appassionati di storia del famoso reparto dell’esercito italiano. Del 332nd si è interessato in particolare Furio Lazzarini (Un Leone Marciano per lo Zio Sam), che abbiamo citato in bibliografia. Teniamo a precisare che questo nostro lavoro è scaturito da un’idea del tutto autonoma e, se è proceduto in modo piuttosto parallelo, ciò è dovuto esclusivamente al fatto che le fonti utilizzabili, già scarse, non potevano che essere le medesime.
BIBLIOGRAFIA
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